È passata la bellezza di un anno da quando tutto questo è iniziato e ancora non accenna a vacillare. Appesi tutt’ora a quel barlume di speranza chiamato vaccino, ci stringiamo forte al petto chi davvero non abbiamo mai smesso di farlo: i nostri cari. Per loro ci siamo sempre stati e quest’anno dovremo rinunciare a passare la cena di San Valentino in quel bel ristoranti che fa sentire speciale la persona tanto amata. Ecco perché ho deciso di chiedere ad alcuni chef delle ricette per creare un menu di San Valentino al quale andrò ad abbinare alcuni vini. Una sorta di menù a 4 mani con sommelier per stuzzicare la vostra curiosità e ispirazione in visita della cena casalinga più romantica dell’anno.

Gli chef sono:

Dario Tosi – Ristorante la Zanzara, Volano di Codigoro
Gabriele Gelli – Ristorante Reditriglie, Portogaribaldi

Antipasto – Calamaro alla plancia, fondente di carota, zucchine, timo e olio nuovo

Calamaro alla plancia, fondente di carota, zucchine, timo e olio nuovo – Gabriele Gelli

Piatto giocato principalmente sul rispetto della materia prima, poca contaminazione e tanta genuinità. Gabriele ci tiene a trasmettere la passione verso l’ittica e la sua mano è sempre volta a valorizzare il pesce senza mai travolgerlo. Per questo antipasto si tiene la padella a temperatura altissima, al punto che deve gridare quando il calamaro inizia a scottarsi. Il fondente di carota dà dolcezza a rafforzare la sapidità del calamaro, equilibrato ed elevato dai profumi di timo e prezzemolo.

Per l’abbinamento ho pensato ad un vino che possa richiamare le note di timo, erbe aromatiche e di macchia mediterranea. Un vino che abbia profumi soprattutto estivi, fragranti e agrumati. L’armonia di profumi è molto importante, ma senza rinunciare al palato. Ecco che nel vino vado a ricercare anche una nota sapido-amarognola, con una discreta freschezza e pulizia. Il Vermentino Colli di Luni DOC “il Maggiore” di Ottaviano Lambruschi sarà perfetto. Piccola produzione, 4000 bottiglie. Territorio giusto quello di Castelnuovo Magra (SP), mediterraneo, vigne relativamente giovani e buone quote altimetriche (200m.s.l.m.). Si andrà a creare armonia con il piatto, chiudendo con un finale di pulizia ed erbe aromatiche, pronti per proseguire verso la prossima portata.

Primo piatto – Tortello Nero di burrata e caprino, astice, salsa di foie gras d’anatra e prezzemolo

Tortello Nero di burrata e caprino, astice, salsa di foie gras d’anatra e prezzemolo – Dario Tosi

Ho scelto una pasta rappresentativa dell’Emilia Romagna: il Tortello. Dandogli il mio tocco personale giocato sui contrasti cromatici, volevo un piatto da mangiare con gli occhi, che fosse di forte impatto cromatico. Ho voluto accostare l’eleganze del foie gras alla freschezza dell’astice, il bianco ripieno di burrata e caprino in contrasto alla sfoglia nera

Dario Tosi

Personalmente penso che sia un piatto che racconta la mano ed il pensiero di questo chef. Un pensiero rivolto all’innovazione, focus sul sapore e il rispetto della materia prima e, sempre presente, un richiamo alla tradizione. Piatto goloso ma equilibrato, complessità, giochi di consistenze ed eleganza.

In abbinamento un vino avvolgente ma dalla verve davvero dinamica: Coppo, Piemonte DOC, “Monteriolo” 2017. Uno Chardonnay della zona di Canelli, prodotto di una fermentazione in barrique di rovere francese e successivo affinamento per 9 mesi con frequenti batonnâges e, ovviamente, svolgimento della malolattica. Tutto questo tradotto in vino, dona un sorso suadente, un profilo burroso, speziato e complesso,  un colore intenso e maturo.. Inoltre questo vino presenta di per sé un intrigante profilo agrumato-floreale che rende vivace la beva, non facendola appesantire dalla barrique. L’abbinamento è dei più golosi, note casearie, morbidezze e grassezza trovano un equilibrio e un sostegno equivalente in termini di struttura, freschezza, agrumi, spezie e pienezza di sorso ma con un allungo finale pulito.

Secondo piatto – Merluzzo, zuppetta di cozze e cime di rapa

Merluzzo, zuppetta di cozze e cime di rapa – Gabriele Gelli

Piatto dai colori meravigliosi, uno di quelli che regala un impatto cromatico visivo tricolore che ci rende orgogliosi di essere italiani. Che eleva all’apice il mantra di Gabriele, ovvero lavorare con i prodotti del proprio mare, combinarli, esaltarli ed equilibrarli. Il filetto di merluzzo è delicato, la cozza sapida e nella sua zuppetta trova anche dolcezza e acidità, la cima di rapa dona la parte vegetale e amarognola al piatto che mette il punto esclamativo. Il tatto di questo piatto sta proprio nell’unire 3 elementi diversi, trattati con 3 cotture differenti, realizzando un piatto e non un assemblaggio. L’arte di saper cucinare è anche questo.

L’abbinamento è con un vino molto argomentato da me in questi giorni, ovvero “le Cince”, Cerasuolo d’Abruzzo superiore DOC della cantina De Fermo. Siamo a Loreto Aprutino, territorio inframezzato dalla montagna del Gran Sasso e il Mar Adriatico. L’uva è montepulciano, breve macerazione sulle bucce, 8-10 mesi in botti grandi a contatto con i suoi lieviti indigeni. Vino che per me è diventato un must per i piatti di pesce saporiti. Qui abbiamo un profilo vinoso, fruttato, vegetale che si spende in maniera egregia con le cime di rapa. Tannino perfettamente cesellato per questo piatto, per la sapidità delle cozze. L’alcol è in perfetto equilibrio con la parte liquida del piatto. Le virtù restanti del vino sono quelle giuste per rispettare il pesce, acidità e fin di bocca amarognolo, che permettono di creare un’alchimia unica dei sapori che si chiude in un finale asciutto e mediterraneo.

Dessert – Meringa brûlée, frutti di bosco, coulis di lamponi

Meringa brûlée, frutti di bosco, coulis di lamponi – Dario Tosi

Una rivisitazione e interpretazione personale di un classico da parte di Dario. Volendolo slanciare in freschezza e leggerezza andando in contro, si ai palati esigenti, ma soprattutto a quello del gentil sesso

Insomma un assist per poter prendere per la gola la vostra dolce metà e stuzzicare la fantasia del sommelier per rendere onore al piatto e libidine al partner.

Se avete, o non avete, una rosa per la vostra metà, un vino dal richiamo floreale-terpenico della stessa sarà un colpo da maestro. E se il vino in questione si chiama “rosa” allora il gioco è fatto. Moscato Rosa 2018 di Franz Haas. Uva che fatica a formare gli acini per via della colatura dei suoi fiori, rendendo quindi difficile la fase di allegagione. I vini prodotti da questo vitigno sono per questo motivo molto adatti alla produzione di vini dolci. I profumi sono, principalmente, proprio quelli della rosa, dalla quale acquisisce il suo nome. Ma i profumi non si fermano per niente qua: frutti di bosco, ribes, fragoline, more, rosa, violette, cannella…davvero un tripudio. Tanta ricchezza con una gradazione alcolica contenuta, freschezza e tannino morbidissimo, sembra cacao. L’abbinamento è azzardato, ma gli elementi combaciano, il timbro di frutto e cioccolato è una goduria, l’acidità del vino regala freschezza e ritorni aromatici dopo il boccone zuccherino della meringa. Un finale coi fiocchi.

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