Vino in cucina e a tavola

Regole e accortezze per preservare questa tradizione millenaria

Alle origini, le bevande che hanno conquistato le tavole dei nostri antenati sono state senz’ombra di dubbio gli archetipi di birra e vino. Nello specifico, la storia del secondo è stata portata avanti da famiglie nobiliari e tradizioni inscindibili.

Il vino in cucina

Già tra l’XI e il XII secolo la Scuola Salernitana racconta che bere acqua durante i pasti tra due portate è dannoso alla salute poiché l’acqua blocca la digestione, mentre iniziare un pasto con un bicchiere di vino aiuta la digestione. Tuttavia l’avvicinamento del vino sulla tavola ha origini ben più antiche; bisogna scavare fino al periodo greco, con la loro cultura del banchetto, per avere concrete testimonianze di accostamenti cibo vino. Da qui Etruschi e Romani ne seguiranno le orme. 

Fino al XV secolo, l’alcol, e quindi anche il vino, era utilizzato nella medicina come antisettico. 

Come tale anche la sua nascita accostato alla cucina non deriva dall’abbinamento cibo-vino, bensì dalle sue proprietà conservanti, già note ai Greci.

Un po di storia

Per trovare invece testimonianze sul suo utilizzo come ingrediente in cucina bisognerà aspettare le tracce Romane.

Nel Medioevo invece le testimonianze di vino in cucina sono molteplici. Tra il XIII e il XV secolo, la marinatura delle carni rosse e della selvaggina era pratica ricorrente. 

Tra i tanti testi che testimoniano l’utilizzo del vino in cucina, se ne trovano traccia persino nella divina commedia, con papa Martino VI e la sua passione per le anguille affogate nel vino: – Da torso fu, e purga per digiuno L’anguilla di Bolsena e la vernaccia. –

Per la nostra affascinante Italia è il risorgimento il periodo storico nel quale le tavole iniziano ad imbandirsi, i banchetti a diventare pantagruelici e la cucina sotto i riflettori di tutta Europa. Ovviamente tutto questo interessava una minoranza di nobili e prelati. L’utilizzo del vino in cucina fu poi affiancato in questo periodo da un altro elemento fondamentale, sempre derivante dal vino, l’aceto.

In questo periodo Cinquecentesco l’Italia è al centro della cucina europea

Il secolo successivo invece tocca alla Francia salire alla ribalta, con opere del calibro di La Varenne (1651), Nicolas de Bonnefons (1654), Pierre de Lune (1656) e Massialot (1691). Senza contare che questi furono gli anni delle grandi nascite enologiche, come Haut Brion e Dom Pérignon. 

Da qui in avanti l’utilizzo del vino in cucina è ormai consolidato, elevandosi addirittura come ingrediente principale in quelli che sono chiamati “i fondi” per le salse.

Il vino in cucina oggi

Al giorno d’oggi, il vino è un elemento strettamente legato alla cucina, un retaggio del passato che ci regala ancora ricette nel quale ha un ruolo chiave. Tra queste preparazioni troviamo:

  • Marinature
  • Salse
  • Fumetti e fondi
  • Riduzioni
  • Sfumature
  • Brasati, stufati, umido, ecc.
  • Bagna di pasticceria
  • Cottura di frutti

Come scegliere il vino giusto in cucina

Immaginate di acquistare materie prime di altissime qualità e, nella loro preparazione, utilizzare un vino con sentori da tappo o maderizzato/marsalato. Pensate possa essere mascherato dagli altri ingredienti della preparazione?

Proviamo a vedere la cosa da un punto di vista scientifico:

Il vino di norma viene fatto ridurre: A 78 °C l’alcol evapora e con esso anche le acidità volatili, quali l’acido acetico, lasciando componenti quali aldeidi, acido tartarico, citrico, sali minerali, tannini, ecc. ancora presenti, le famose ceneri del vino. Tra questi troviamo anche esteri, terpeni e altri precursori aromatici che non svaniscono invece, manifestandosi nella ricetta e nel profilo organolettico del piatto. 

Questo significa che il suo apporto è sia aromatico che tattile.

Quindi si, la scelta del vino corretto per le preparazioni in cucina è molto importante.

Con questo non sto dicendo che occorrerà utilizzare solamente Fine Wines per le nostre ricette. Al contrario, avere conoscenza per poter scegliere il vino giusto anche in veste di una marinatura o di una salsa dona un plus. Le scelte possono essere aromatiche, e quindi conoscere in base al vitigno e la denominazione un pressapoco delle sue peculiarità. Ad esempio le note esotiche di un Gewurztraminer o una sfumatura pepata di un Syrah nordico che, al contempo, può marinare egregiamente una carne saporita grazie ai suoi tannini poderosi.

La procedura è in primis scegliere il vino giusto per la tipologia di pietanza. Normalmente per carni rosse e selvaggina è più indicato un vino rosso, mentre carni bianche e pesce si predilige normalmente un bianco. 

A me normalmente piace scavare più a fondo e avere ad ogni dettaglio una corrispondenza. 

Nella marinatura dei singoli elementi per esempio utilizzare vini che abbiano le stesse caratteristiche sensoriali dei singoli elementi. Per esempio per marinare la selvaggina da piuma utilizzo vini che abbiano come proprietà aromatiche le note di bacche selvatiche, spuntino preferito di questi ultimi, come un pinot nero o un cabernet sauvignon. Di questi vini la scelta poi ricadrà sulla struttura del piatto finale: per preparare un piatto leggero si opterà per la leggiadria del pinot nero; con piatti più sostenuti la scelta ricadrà sul più tattile Syrah, grazie ai suoi tannini.

Conclusioni

La curiosità in questo campo non è mai troppa, come avrete capito dalla complessità anche solo legata alla scelta del vino per la ricetta. Si potrebbe spaziare anche sulla base di una scelta più aromatica rispetto ad una un po più tattile anche sulla base di quale tecnica dobbiate azzardare (marinatura, sfumatura, ecc.). 

Sperimentate… Sperimentate!

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