Dioniso e le sue menadi

Come primo viaggio attraverso i calici storici sono stato molto indeciso se portarvi nelle dure regioni caucasiche o nella potente civiltà greca. Ebbene, ho scelto proprio gli ellenici, con i loro grandi poteri e culti ecclesiastici. 

Quale culto migliore di quello di Dioniso per introdurre questa rubrica. Dio del vino, figlio di Zeus, presentato come nuova divinità, ma in realtà uno degli dèi più antichi. Per i Romani: Bacco.

Tante erano le figure mitologiche in cui i Greci credevano, ma Dioniso era diverso: a differenza degli altri era tangibile. Un dio che si beveva, e avere il dio dentro di sé era fonte di certezze spirituali.

Il dio del vino

I Greci avevano un grande amore per il vino e ne parlavano in termini poetici. Lodato per la sua dolcezza, nella maggior parte dei casi l’uva veniva raccolta al massimo della maturazione e poi stesa su stuoie di paglia per una settimana. Aveva dato un’enorme spinta all’economia greca, dava loro un gran piacere e rappresentava quello che era: un dio allo stato liquido.

Le celebrazioni per questa divinità, tuttavia, sono tra le più curiose. Chiamate Dionisiache urbane (o Dionisie), erano feste in cui, anziché il vino, il vero protagonista era…il fallo! Il termine commedia, tanto caro alla cultura greca, deriva, infatti, da “komos”, ovvero la danza attorno a un grande fallo. Dopotutto il corpo della divinità, sotto forma di grappoli d’uva, era stato smembrato. Schiacciato al tempo della vendemmia e ora le sue vigne erano nude. Apparentemente senza vite.

Divino pellegrinaggio femminile: rito o sfogo? 

V sec. a.C. Ogni due inverni una grande folla di donne partiva per un pellegrinaggio sulla via che porta al sacrario dell’oracolo di Delfi. Quest’ultimo si trasformava in tempio di Dioniso, da dicembre a febbraio. Alle sacerdotesse del dio si univano madri di famiglia, ragazze e anziane, che si vestivano da menadi e giuravano di mantenere il segreto. 

Tutti erano d’accordo nel dire che le menadi si recavano sul monte Parnaso (2400 m.) per rimanerci tutta la notte. Su quello che accadeva circolavano storie di ogni sorta.Tra la neve e l’oscurità dell’inverno, Dioniso regnava nella lunga notte. Le menadi danzavano attorno a lui, inneggiando alla vita e alla resurrezione. 

Alla luce delle torce, egli si erge sui picchi gemelli del Parnaso, mentre le ninfe del coro gli danzano attorno quali baccanti, e le acque di Castalia scrosciano sotto di lui nel profondo. Lassù, nella neve e nell’oscurità dell’inverno, Dioniso regna nella lunga notte, mentre gruppi di menadi gli sciamano intorno, dirigendo egli stesso il coro per la danza delle stelle e pronto a udire ogni suono nella desolazione della notte”

Tratto dalla tragedia AntigoneSofocle

Ma si sa, le storie di divinità antiche possono prendere una piega talvolta macabra e sinistra. 

Vi sono altri, tra cui medici moderni, che ipotizzano che il “menadismo” fosse isterismo di massa. Le menadi erano raffigurate con la testa rovesciata all’indietro. In questo stato le persone compiono atti che normalmente eviterebbero: orgie, assassinio di animali, maneggiare carboni ardenti o serpenti, e così via. C’è chi fa notare che le donne greche erano schiave dei propri uomini, quindi il permesso di riunirsi per il culto rappresentava il loro unico sfogo psicologico.

Le opposte maschere della tragedia e della commedia sono il simbolo del teatro fin da quando esso si sviluppò dai riti di Dioniso.

È certamente possibile che fra i segreti della montagna vi fosse il consumo di droghe diverse dal vino. Talvolta la trimma (vino aromatizzato con erbe di ignota natura) poteva contenere incenso siriano, un narcotico. La pigna veniva da un albero la cui resina, fermentata, produceva una potente bevanda intossicante. Inoltre in Grecia l’inverno è la stagione dei funghi…insomma, le condizioni non mancavano. Il pretesto pure!

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