Sfatiamo qualche tabù

Quante volte avrete sentito dire: con il pesce il vino bianco, con la carne il vino rosso.

Facciamo una premessa: l’Italia è il paese con il maggior numero di varietà di vite. Una biodiversità che ne conta ad oggi 589, 321 a bacca nera. Quindi davvero tutti i vini rossi che ne derivano si abbineranno solo alla carne?

La risposta è davvero ovvia. Parlando piuttosto della delicata arte dell’abbinamento di questa tipologia ai prodotti ittici inizierei a ragionare su quali virtù il vino dovrà rispecchiare:

  • i profumi e gli aromi, non sempre imprescindibili, ma essenziali se vogliamo che le nostre papille gustative vadano in estasi con combinazioni aromatiche fresche che possano vivacizzare il palato dopo un boccone saporito e lasciare un finale pulito e piacevole. Esistono eccezioni, ma per un abbinamento azzeccato su un prodotto così delicato, la gioventù e l’esuberanza del comparto sensitivo è sicuramente una linea guida;
  • il tannino, sempre commisurato alla sapidità e salinità della preparazione, deve essere presente, ma mai prevaricante; esso apporta astringenza e, a seconda della tipologia di tannino, un finale amarognolo. Non è facile destreggiarsi tra diversi tipi di tannini, ma sicuramente il loro apporto è la chiave di volta dell’abbinamento, creando un equilibrio armonioso o sbilanciando tutto in un finale amaro e sgarbato;
  • acidità, ovvero freschezza gustativa, che possa pulire il palato da preparazioni grasse ed enfatizzare le sensazioni aromatiche al palato. La freschezza è l’apporto principale dei vini bianchi, solitamente perfetti per il pairing con svariate preparazioni. Allo stesso modo il tannino dona al vino uno spigolo, aggiunge pepe in una situazione altrimenti pacata, vivacizza e rende vivo il vino. Considerati elementi “equilibratori” di un vino, nell’abbinamento vino rosso – pesce, l’acidità è sempre preferita al tannino, orientandosi così su vini giovani e fragranti.

Territorio e Vitigno

Un’ottima chiave di lettura può essere quella territoriale. Tannini e sostanze estrattive si concentrano nell’uva soprattutto con maturazioni importanti, mentre per acidità e aromaticità occorre un clima fresco e buone escursioni termiche. La ricerca, quindi, potrebbe rivolgersi a territori più freschi e magari, perché no, montani.

Assieme a questa conoscenza bisogna incrociare un altro dato: il vitigno. Ce ne sono diversi come abbiamo già visto e di quelli esistenti ci sono vari cloni, selezionati per esigenze qualitative o quantitative (per lo più). Non andrò ad approfondire sui cloni, ma l’identità rimane un concetto importante. Un nebbiolo, seppur presente in zone montane, resta un vitigno dalla imponente carica estrattiva a livello di zuccheri (quindi alcol), acidità e, soprattutto, tannino. Mentre un frappato, Sicilia, o un Piedirosso, Campania, sono una delle tante eccezioni alla regola, grandi abbinamenti su piatti ittici rispettivamente locali.

Basta così? NO.

Entra in gioco un altro fattore chiave che influisce sul prodotto finale: l’uomo. La filiera produttiva. Interpretazioni svariate di uno stesso vitigno, di una stessa zona ma con meccaniche differenti. Diverse macerazioni, contatti più o meno prolungati sulla buccia o addirittura a grappolo intero (macerazione semi-carbonica). Ciò determina un diverso corredo polifenolico e aromatico. Tempi, temperature e contenitori di fermentazione, maturazione e affinamento sono solo alcune delle pratiche che influenzeranno lo stile di un vino. Anche la scelta dell’epoca di vendemmia è molto importante, riguardando però una condizione di sinergia tra madre natura e l’uomo.

Il vino non è solo logica e intuitività, necessita di grande ricerca e tanto rispetto per un prodotto che ha accompagnato le civiltà nei secoli e che oggi troviamo nel massimo splendore delle sue sfaccettature, una moltitudine di vesti che chiamano in causa un ventaglio di “terroir” e interpretazioni diverse tra cui destreggiarsi.

Pesce: alcune linee guida

I pesci che si prestano di più ad un vino rosso sono quelli azzurri: sgombro, sarde, palamite sono solo alcuni che possono trovare felicità con questo partner, così come le conchiglie più saporite, come vongole e cozze, e, regina del territorio da cui scrivo, l’anguilla.

A questi si aggiunge l’apporto fondamentale della tipologia di cottura: intingoli e zuppette sono le preparazioni che più si addicono a questo abbinamento. Cotture a fiamma diretta, come brace e padella, aiutano a preservare i liquidi dei pesci più grassi, rendendoli succulenti, senza disidratarli e preservandone la struttura, donando sul finale una nota amarognola. Altre cotture ancora possono essere propizie, l’importante è che permettano al pesce di rimanere succulento e saporito.

Infine, aspetto non trascurabile in nessun abbinamento, gli altri elementi che compongono o rafforzano il piatto, come salse, contorni o marinature.

Ci sono anche categorie difficili, se non impossibili, da abbinare ad un vino rosso. Su tutti i crostacei, con la loro delicatezza e grassezza, il tannino andrebbe a creare una spiacevole sensazione di freno al palato, enfatizzandosi a tal punto da divenire irrimediabilmente amaro e coprente nei confronti di un prodotto come il gambero o l’astice, per citarne alcuni. Pesci delicati, preparazioni magre e tendenzialmente dolci necessitano di altre tipologie di vino. Persino la capasanta, citata poco fa, difficilmente si abbina ad un vino rosso ma, come abbiamo visto, con qualche fattore favorevole e voglia di mettersi in gioco si possono creare pairing assolutamente originali e azzeccati.

Cotture che non favoriscono l’abbinamento sono sicuramente quelle a vapore, fritture e, ovviamente, le crudité.

I miei abbinamenti preferiti

I miei abbinamenti preferiti? Ne ho diversi. Sarde “a scotta dito” con un calice di “Lezer”, un giovane Teroldego di Elisabetta Foradori con macerazione breve e affinamento che varia in base all’annata ma sempre volto a dare un vino dalla beva fruttata, piacevole e spensierata; Spaghettone “Martelli” aglio, olio e peperoncino, dressing di acciughe del Mar Cantabrico, piatto del nostro Sous chef Dario Tosi, con un Cabernet franc, di una zona però più sabbiosa e fresca delle canoniche, che possa dar la possibilità a questo vitigno di esprimersi in maniera meno strutturata e con più fragranza, di Bourgueil, piccolo comune nella Touraine, Loira, il “Peu Muleau” del Domaine de la Chevalerie; Sgombro alla brace e Vernatsch, quella di Gumphof, una libidine.

La mia carta vino non deve essere figlia delle mode o dei cliché italiani e internazionali, dev’essere figlia di esperienze, studi, idee e azzardi. Quest’anno la missione è questa: sfatare il tabù del vino rosso in abbinamento al pesce, dimentichiamocene e iniziamo a godere.

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