Fattoria Monticino Rosso

15 febbraio. Le ultime nevicate iniziano a sciogliersi sotto un bel sole che richiama una primavera che sembra destinata a essere rubata. Per il secondo anno di fila.

Allora non perdiamo ulteriore tempo, in macchina si parte per quel di Monticino. Ad aspettarci troviamo Annalisa, ex head sommelier di una delle realtà più famose e improntate sulla ricerca della materia prima e l’innovazione, l’inchiostro di Parma, 1 stella Michelin, e Gianni Zeoli, padrone di casa e grande uomo del vino.

L’azienda

Inizia il nostro tour ovviamente con le vigne e in queste giornate sono veramente splendide. Meno male che ho voluto fotografarle e tentare di farvi godere altrettanto della vista.

Nel giro all’esterno della cantina, Annalisa mi racconta della maniacalità che c’è dietro alla materia prima e a madre natura. A partire dall’utilizzo dei bins, per la raccolta dell’uva che sostituiscono le classiche cassette per la raccolta, preservando integrità di frutto, igiene e spazio, alla severa vendemmia manuale, fino alla pressa soffice, per l’uva bianca, con un sensore che scinde le varie spremiture.

Tecnologia a servizio dell’uomo è il mantra che si ricerca, a cui io propendo sempre. Detto ciò ci spostiamo in cantina, la quale si divide in 2 stanze distinte: la sala di fermentazione e la cantina vera e propria, dove il vino affina e matura.

In cantina 

La sala di fermentazione è caratterizzata prettamente da cisterne di acciaio inox, ma anche qui abbiamo un occhio all’innovazione, alla tecnologia al servizio dell’uomo: un follatore meccanico automatizzato, posto al di sopra dei tini di fermentazione, si muove di vasca in vasca, follando, quindi rompendo il capello delle vinacce e mettendolo in movimento all’interno del vino. Pre-impostato ma in maniera autonoma, precisa e riconducibile. Questo dà loro la possibilità di:

  1. Poter sapere per ogni annata quante follature sono state fatte.
  2. Follare sempre al momento giusto, senza imprevisti.
  3. Mantenere la vasca sempre pulita.

Tutti i vini fermentano in acciaio, alcuni passano poi in cantina, dove troviamo i contenitori di legno, le botti. Qui i vini affinano secondo i sapienti accorgimenti dell’enologo Giancarlo Soverchia, grandissima figura tra l’altro sul panorama nazionale. Questo affinamento in legno è, giustamente, volto a integrare le note del legno, senza renderle preponderanti, smussare tannini potenti e donare al vino una veste regale donandogli grande potenziale evolutivo. Tra questi troviamo l’importantissimo Codronchio, albana secca parzialmente affetta da muffa nobile (30%). Nome dato dalla nobile famiglia dei Conti Codronchi di Imola, che coltivavano le terre nell’imolese e che erano possessori della tenuta.

Unicum territoriale: Albana Metodo Classico

Passeggiando per la cantina con Annalisa, ci imbattiamo in quello che viene da loro considerato un figliol prodigo: l’albana rifermentata in bottiglia, ovvero secondo i crismi del Metode Champenoise. 36 mesi sur lies. Un’albana dalla caratura importante, la cui maturità e fermentazione malolattica, donano generosità, carattere e stabilità biologica. Davvero un bel progetto, se poi pensiamo a quanto questa solida realtà punti sull’albana e a che livello di sperimentazione stiano cercando di mirare per ciò che riguarda il metodo classico, con bottiglie in prova di sosta di 72 mesi!

Un vero peccato che questa tipologia non venga contemplata dal disciplinare della DOCG, in quanto penso che l’albana sia uno dei vitigni più versatili del panorama nazionale.

Assaggi

Qui, più che in altre cantine, è stato veramente difficile decidere i due vini che più mi hanno colpito. Diverse tipologie e diverse annate dei loro prodotti hanno collato la nostra mattinata. Per rispetto della grande tradizione, e della grande bontà, ho deciso di raccontare solo il Codronchio, in due annate diverse, con qualche annetto di differenza.

Codronchio 2018

Annata corrente per quel che riguarda il mercato, quindi la più giovane espressione ora in commercio. Oro liquido già nel bicchiere, con nuances sicuramente evocative per quel che riguarda la Botrytis Cinerea, con una bella sensazione di maturità e concentrazione. Vino consistente, dai rimandi di frutta a polpa gialla, cedro candito, fiori gialli, miele e erbe aromatiche. Nonostante tanta dolcezza, si ritrova una grande freschezza, l’albana matura bene da queste parti. Sorso energico e vellutato, in buon equilibrio, così come la chiusura amaricante, tipica della muffa nobile, che riassetta l’ingresso morbido e suadente della parte fruttata. Sicuramente un punto cardinale per l’Albana,.

Codronchio 2002

Se prima avevamo l’ultima annata in commercio, qui abbiamo la prima annata prodotta di Codronchio. E fidatevi, è ancora una bomba a mano. 

A partire dal colore, un oro che vira verso il topazio con grandi riflessi luminescenti, qui siamo davanti ad un vino tutt’altro che morto, un capolavoro. I profumi sono di una complessità e di un’intensità unica, dove la componente ossidativa si palesa timidamente, dopo ben 19 anni! Confettura di albicocca, miele di castagno, noci, zafferano, zenzero candito, mentuccia, e molti altri descrittori che rimbombano nella testa a distanza di più di un mese dalla visita. Vino tutt’altro che stanco, che chiaramente non ha l’agilità del 2018, ma con la sua nitida freschezza riesce a stupire davvero. Oltre che per la complessità di palato che perdura per molto tempo.

Un bianco di 19 anni che può ancora permettersi di essere gastronomico, e non di essere relegato al mero status di “vino da meditazione”. È un pò come un calciatore di 40 anni che può permettersi di parlare a livello societario con i dirigenti e allo stesso tempo competere con i ragazzini di 20 anni sul piano atletico (Zlatan?). Qui giù il cappello.

Un arrivederci

Concludiamo il bellissimo tour con i fuochi d’artificio: Costate e fiorentine di limousine, vino rosso che riesce ad essere oscurato nel pasto, indovinate un po’, dal Codronchio 2002

Se siete emiliano-romagnoli non cercate l’oro altrove prima di essere passati da qui, l’oro ce l’avete in casa. L’Albana.

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