Le malvasie

Dolci e aromatiche, oppure fresche, sapide, minerali. Quanti misteri ed eterogeneità si celano dietro al mondo delle malvasie.

Ufficialmente vengono riconosciute come famiglia di vitigni aromatici, ma sono davvero tutte così aromatiche le malvasie?

Le origini

Il termine malvasia deriva del greco “Monemvasia” (porto con una sola entrata) e sicuramente era una delle uve greche più pregiate per garantire la produzione del loro dolcissimo e aromatico vino. Monemvasia è soprattutto una delle meravigliose isole del Peloponneso, dalla quale appunto ha origine la malvasia e il suo pellegrinaggio.

L’isola è stata una colonia della Serenissima di Venezia dal 1204, dopo la quarta crociata. I lagunari a quei tempi avevano l’egemonia del commercio del mediterraneo, fino a raggiungere l’apogeo nel XVI secolo, divenendo il primo grande mercato dai tempi dei Romani.

Fu uno dei primi atti di marketing per quel che riguarda il mondo del vino. Il vino di qualità che si beveva a quei tempi era quanto più simile al vino che bevevano i Greci, quindi dolce potente e aromatico. Niente di meglio di quello che poteva crescere in quelle zone: clima caldo, uva dal buon tenore zuccherino e aromatico e conseguente disidratazione sotto al sole greco delle uve.

Venezia riusciva a garantire al suo mercato ingenti quantità di malvasia. Se non fosse stato per ciò che accadde nel XVII secolo: I Turchi Ottomani tornarono ad impossessarsi di Costantinopoli. È la fine del commercio marittimo di Venezia.

La svolta

Come dicevo poco fa, La Serenissima con il marketing ci sapeva fare. Vistasi privare del suo commercio di malvasia via mare, restava un’idea tanto geniale quanto senza precedenti. Coloro che avevano come motto “coltivar el mar e passar star la tera” iniziarono a gestire tutta la filiera produttiva sul territorio nazionale. 

Il blocco Ottomano li spinse a a sviluppare nuovi vigneti intorno a Venezia e sui rilievi vulcanici dei Colli Euganei. Le regioni di Bardolino, Soave e Della Valpolicella iniziarono ad appassire parzialmente l’uva, in modo da raggiungere una maggiore concentrazione zuccherina. Questa pratica continua ancora oggi.

Tuttavia il successo di Venezia derivava più che altro dal suo potere. A quei tempi si dava il nome al vino prodotto in base al proprio luogo d’origine, come abbiamo visto prima con Monemvasia. La pressione economica veneziana esercitata sui territori sotto la propria egemonia li spinse a produrre vino con le proprie uve, ma a chiamarli tutti malvasia. 

Ciò ovviamente tutelò l’offerta di vino malvasia che rimase alta, ma ci porta ai giorni nostri, con tanta confusione e 18 tipologie di malvasia.

Quale quella vera?

Facciamo chiarezza. L’origine della prima “Monemvasia” non è stata tutt’ora riconosciuta ufficialmente, ma, secondo gli esperti, si potrebbe tranquillamente puntare il dito verso una in particolare: la Malvasia delle Lipari.

Questa tipologia di malvasia si utilizza soprattutto per la produzione di vini dolci e trova la sua culla in quella che una volta era la “Magna Grecia”. 

Ma c’è un altro fattore molto curioso di questa varietà, che aggiunge, ahimè, ancora più carne al fuoco. Se non fosse già abbastanza complesso avere a che fare con 18 tipologie diverse di malvasia, qui siamo davanti a molteplici similitudini genetiche. Che vuol dire? “Semplicemente” che in giro per l’Italia (e per l’Europa!!) ci troviamo davanti allo stesso vitigno ma chiamato, e spesso registrato, con nomi diversi. Ecco che vitigni come il Greco di Bianco e la Malvasia di Bosa, di Sardegna o di Cagliari non sono altro che Malvasia delle Lipari sotto mentite spoglie

E le altre malvasia?

Per loro abbiamo un discorso a parte che si intreccia, proprio come la grande ampelografia italiana, ad uno scenario di incroci spontanei e non solo. Le malvasie esistenti si dividono in malvasie aromatiche e malvasie a sapore caratteristico

Malvasia aromatica

Tra le malvasie aromatiche più famose troviamo: Malvasia odorosissima, Malvasia di Schierano, Malvasia delle Lipari e Malvasia di Candia aromatica.

Quando si parla di malvasia aromatica poi, il profilo di rimando è quello dei moscati. E se dovessimo prenderne una come porta voce, punterei sicuramente il dito sulla malvasia bianca di Candia aromantica, vitigno diffuso nell’Oltrepò pavese. Le origini di questo vitigno sono state oggetto di malintesi di origine, visto il nome che richiama l’isola di Creta (una volta Candia), in Grecia. Ciò attesterebbe l’ennesima origine greca della malvasia, tuttavia arrivò ufficialmente la smentita

A Milano si trova la “Casa degli Atellani”, una dimora storica per Milano, nella quale qualcuno la conserva e ci abita, la famiglia Castellini-Maranghi. Di che epoca stiamo parlando? Tenete conto che il nostro breve racconto si intreccia con Leonardo Da Vinci. Tra i suoi tanti talenti si celava anche quello di viticoltore. Dal 1482 fu ospite proprio alla casa degli Atellani e si occupò delle viti nella dimora, diventandone addirittura il proprietario terriero. La Milano di una volta non era come la conosciamo: non urbanizzazioni, ma campi da coltivare, e nel giardino della sua nuova dimora, Leonardo da Vinci creò il suo vigneto.

Questo reperto restò nella casa degli Atellani per molti secoli ancora, perfino anche dopo dell’industrializzazione. Ciò che portò a calare il sipario fu il bombardamento americano del 1943, il quale bruciò tutta la parte superiore della pianta. 

“Solo” la parte superiore appunto, poiché le radici rimasero intatte sotto terra e un equipe di esperti nel 2010 volle approfondire la questione. Si scopri che il vigneto che Leonardo trovò a Milano era Malvasia bianca di Candia aromatica e fin qui nulla di così eclatante, l’ennesima malvasia greca ritrovata in Italia. 

Ma c’è di più; continuando a scavare sul passato degli interpreti, si scoprì una notizia molto succosa, di quelle che aggiunge non poca complessità al tema malvasia. Dagli archivi storici milanesi apprendiamo che gli Atellani possedevano dei terreni a Candia in Lomellina, zona sud occidentale della Lombardia. Ecco riacquistata l’autoctonia della bianca di Candia aromatica e gettato un ulteriore alone di mistero sulle sue origini.

Malvasia a sapore caratteristico

Tieni duro, l’argomento malvasia è tra i più articolati e complessi, nonostante stia stringendo molto, è impossibile non dilungarsi.

Tra le più famose malvasie non aromatiche troviamo: Malvasia istriana, Malvasia bianca lunga, Malvasia nera di Brindisi, Malvasia nera di Bolzano e…Malvasia Bianca di Candia (nota bene, manca la parola “aromatica”)

Da qui in poi però il discorso si articola in maniera confusionaria, come si dice di questi tempi, un bel mappazzone! Figlio probabilmente del retaggio veneziano, ovvero quando da importatori di malvasia dalla Grecia si passò a lavorare la propria terra, il termine malvasia è stato attribuito a molti vitigni. Molti sono nati per incroci appunto, come l’esempio della malvasia nera di Lecce o Brindisi (Malvasia bianca lunga + Negroamaro). Altre malvasie vengono conosciute con diversi nomi a seconda della regione (Malvasia bianca di Candia viene chiamata Malvasia rossa nel Lazio).

Un esempio su tutti è la Malvasia bianca di Candia che differenzia completamente dalla Malvasia bianca di Candia aromatica che abbiamo visto poco fa! Essa è geneticamente uguale alla Garganega, che a sua volta è geneticamente uguale al Grecanico.

Per fortuna che malvasia fa rima con ampelografia!!!

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