Nella culla della Valpolicella biodinamica

Servizio della domenica sera, chiusura delle regioni oramai imminente e la fine dell’anno che incombe. Decisione istintiva: domani mattina si va a visitare una grande azienda agricola, quella che potrebbe essere l’ultima visita tra le vigne del 2020. Andiamo a visitare Corte Sant’Alda.

Si parte alla volta della Valpolicella.

In quel di Mezzane di Sotto si trova una padrona di casa tanto romantica quanto dinamica. Marinella Camerani.

La Zanzara goes to Valpolicella

Arrivati a destinazione si inizia a salire sulla dorsale dove le prime vigne a fondovalle che si possono ammirare sono delle tradizionali pergole veronesi. Salendo, però, si nota subito che qualcosa inizia a cambiare, si entra nel territorio di Corte Sant’Alda. In quota la pergola lascia spazio al Guyot, retaggio dei viaggi di Marinella in Francia. Curiosi anche gli impianti più in quota, Guyot bassissimi, destinati alla produzione di un solo vino.

L’azienda Agricola lascia subito presagire un’aura romantica e accogliente, tempo di respirarla ed ecco che arriva la protagonista principale: Marinella. Ci mette subito a nostro agio come una vera romagnola, influenza assolutamente poco casuale in quanto la sua seconda casa è Marina Romea. Dopo alcune battute su dove si possa mangiar meglio il pesce nella nostra riviera adriatica iniziamo il tour.

Tra le vigne

Seguiti da Leonardo (Chef de Cave) ci immergiamo tra le vigne. Non troppe a dir la verità poiché l’ora era tarda e le vigne sono disseminate su 15 ettari aziendali, non tutti vitati. La filosofia aziendale è la biodinamica. Marinella, sempre in Francia, conobbe Nicolas Joly, vera e propria estensione del sapere di Rudolf Steiner. Da quell’incontro capì che quella filosofia era la strada giusta da seguire. Non essendoci vigne altrui trattate con prodotti di sintesi ed essendo i vigneti di Marinella territorio altamente vocato per questa filosofia, la scelta fu azzeccata. 

In vigneto i trattamenti si sostanziano nei preparati biodinamici: cornoletame e cornosilicio. Il suolo è prevalentemente calcareo, vero tesoro aziendale, l’acqua drena e le radici restano asciutte mentre il terreno così duro le mette sotto sforzo. Il tutto si traduce in uve di maggiore qualità e concentrazione fenolica.

In cantina

Il lavoro in cantina parte avvantaggiato da una perfetta materia prima, raccolta a mano, perfettamente matura e scelta su un tavolo di selezione. 

I contenitori sono tra i più svariati: acciaio, cemento (vasche piramidali), botti di rovere e di castagno…una sola barrique ed una sola anfora!!

Ogni vino ha la sua storia ed il suo contenitore. Come la molinara, che darà vita al rosato “Agathe”, rigorosamente in anfora.

Marinella mi confida che un’altra sua ammirazione va agli “Orange wine”, ovvero i vini bianchi prodotti con una vinificazione in rosso. Una donna intraprendente come lei non poteva che realizzare questo suo desiderio. Così ebbe origine “Inti”.

L’ora si fa tarda, ma il desiderio di assaggiare due prodotti in particolare trova anche qui una realizzazione da parte di Marinella.

Il Dio del Sole

Inti, ovvero il Dio del Sole in Inca, è una Garganega in purezza che vorrebbe mostrarsi nelle sua vesti Orange. La tinta si fa invece più chiara e tenue, mentre la stoffa si fa spessa, il vino è tanto espressivo quanto elegante. Questa Garganega fa la voce grossa, si carica sulle spalle tutti i 40 giorni di macerazione sulle bucce, lasciando trapelare la sua identità senza essere schiacciata. Al contrario c’è l’amalgama, il frutto che si fonde ad una balsamicità di camomilla e il sorso che vibra, graffia e accarezza.

Sant’Agata

Agathe, nome scelto per una questione di destino: 5 febbraio, Sant’Agata, giorno in cui fu scelto il nome del vino. Il vino prodotto in anfora, da 5hl. Di questa bottiglia non se ne trovano troppi esemplari, siamo sulle 600 bottiglie. Molinara in purezza, vinificata appunto in anfora, togliendo, mano a mano che emerge, il cappello. Il colore è decisamente più intenso e i toni olfattivi decisamente più dolci, di spezie e frutti, ciliegie e fragole. Il sorso non ha niente a che vedere con la dolcezza: il graffio si fa più deciso, con un tannino più presente rispetto a Inti, ma una morbidezza equilibrante ed un allungo fresco della sensazioni fruttate.

Siamo ai saluti

Al termine della nostra visita ci raggiunge anche Federica, altra grande padrona di casa, figlia di Marinella, con le quali continuiamo ad intrattenerci. I discorsi sempre dediti alla buona cucina e al buon bere. Il buio ci costringe a levare i battenti. Non prima ovviamente di aver fatto prigionieri liquidi dalle cantine di queste fantastiche donne.

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